Migrazioni. Una minaccia sfidante o un’evoluzione ottimizzante?

Migrazioni. Una minaccia sfidante o un’evoluzione ottimizzante?

Discutere oggi di migrazioni può far male, spesso lo si fa male e si finisce per farsi male. Non solo per la complessità che il tema presenta ora che è diventato divisivo perché ampiamente adoperato da suprematisti e sovranisti per accaparrarsi consensi. L’utilizzo dei termini “invasione” ed “emergenza” è presente in tutti i media da Malta alla Gran Bretagna e dagli USA alla Polonia. Vale invece la pena soffermarsi ad analizzare in modo sintetico i dati che invece sono costantemente ignorati o manipolati. Dati che chiariscono molti aspetti sulle cause che muovono milioni di persone in preda alla disperazione e sotto la spinta dell’istinto di sopravvivenza a varcare qualsiasi muro o eludere un eventuale blocco navale.

Dal punto di vista della paleontologia le migrazioni non sono un fenomeno inedito. Sono iniziate con la comparsa dei primi ominidi alcuni milioni di anni fa e più di “recente”, circa 70 mila anni fa, un gruppo di 60 mila umani stanziati tra il Corno d’Africa e l’area subsahariana, a causa delle avverse condizioni climatiche, mosse verso nord e giunse in Europea. Dalle prove raccolte dalla paleogenomica e dall’antropogenesi sappiamo che i nostri progenitori erano ecoprofughi panafricani e sono all’origine di tutti gli attuali 8 miliardi di esseri umani.

Oggi dalle fonti ONU apprendiamo che circa 250 milioni di esseri umani si stanno spostando a causa dei cambiamenti climatici. La grande maggioranza di queste persone si spostano nelle aree limitrofe e solo il 5% approda sulle coste europee, dato che sono pochi quelli che possono pagarsi un viaggio prima via terra e poi via mare. La stessa fonte rivela che circa 700 milioni di esseri umani soffrono la fame endemica, mentre altri 50 milioni sono ridotti in schiavitù. A questi poi bisogna aggiungere tutti coloro che sfuggono dalle tante guerre e che non sono facilmente contabilizzati perché gli scenari cambiano di continuo e in peggio.

Attualmente il diritto a migrare è stato codificato con gli art. 12 e 13 della Dichiarazione Universale dei diritti umani promulgata nel 1948, ma non esiste il diritto ad immigrare. In pratica è sancito il diritto a uscire dal proprio paese, ma non a entrare in un altro.

Perché non agire diversamente?

Se escludiamo il Papa che è una voce che grida nel deserto, le agenzie preposte agli aiuti umanitari sono ormai marginalmente efficaci. L’ONU è ormai del tutto inerme a fronte dei veti incrociati e dalla cronica mancanza di fondi. I governi delle nazioni più potenti, dopo la dolorosa vicenda dell’Ucraina, sono tutti intenti ad armarsi. E allora chi se ne può occupare? Differire questo compito impegnativo è un atto di grave responsabilità perché corrisponde ad affidare alle prossime generazioni in impegno di cui non ci siamo fatti carico, ma di cui siamo stati causa remota o immediata. Non assumersi il carico di una ricerca a tutto campo è di per sé un atto criminogeno che individui preposti al governo trattano con grave indifferenza, estraneità e miserabile irresponsabilità. Sospendere le costituzioni o, peggio, cambiarle, rende spergiuri tutti coloro che su di essa hanno giurato assumendo il loro ruolo. Da quanto sta accadendo nel mondo si ha la sensazione che sia necessario un hard reset. Ma chi potrà spingere quel bottone? Con quali idee vincenti venirne fuori? Soprattutto se consideriamo che anche le grandi ideologie hanno ormai ceduto il passo alle ragioni del dio profitto che sta scandalosamente allargando il divario sociale tra gli 8 (otto!) superpotenti che detengono il corrispettivo delle risorse di 3,5 miliardi di indigenti. Allora, quali forze far scendere in campo nel tentativo di correggere questi vergognosi squilibri?

Starà ancora una volta a noi alzare la voce per uscire da questo stallo. Un “noi” composto da singole molecole ma capaci di infettare tutte le altre, grazie a quel liquido dei social nel quale viviamo immersi. Un “noi” mosso da un movimento dal basso simile al Fridays For Future dedicato ai cambiamenti climatici e paragonabile a quello beat che segnò la rivolta studentesca abbattendo barriere culturali e sociali.

Continuare a considerare le migrazioni il male assoluto da fronteggiare lascerà alle generazioni future un problema non risolto. Alla legge universale della vita che reclama vita non c’è autorità che possa contrapporsi. L’insipienza che sta dimostrando il suprematismo nazionalistico non produrrà alcune bene se non acuire il disastro umanitario sotto gli occhi di tutti. Chissà se da queste pagine, lette dal mondo composto da persone di buona volontà, non si generi una piccola scintilla in grado di accendere almeno una tenue luce sul tormentato futuro che ci attende. Se le nostre coscienze attingeranno alle giuste nozioni e la ragione sociale tornerà in campo a discapito delle narrazioni che provocano tanti sequestri emozionali solo allora tutti usciremo vincitori da questa sfida epocale. A noi il compito di uscire da un confortevole anonimato e diventare suscitatori di nuove decisioni. Intendiamo ancora una volta un noi forte e determinato perché il più non viene dal meno.

Gaetano Lo Russo