L’officina e l’altare

L’officina e l’altare

L’educazione secondo Sant’Annibale Maria di Francia


Una pedagogia che da preventiva diventa redentiva

Il titolo proposto fa immediatamente ricavare la doppia direzione, quasi un binario, su cui far scorrere e correre il treno della vita: l’officina, simbolo e cifra della dignità del lavoro, e l’altare, simbolo sacro della costituzione spirituale della persona e del bisogno della divina presenza. L’attribuzione dell’aggettivo “redentiva” alla prassi educativa difranciana non è fuori luogo in quanto la stessa tiene conto dell’integrità della persona nella sua totalità.

Il progetto difranciano potrebbe certamente definirsi “globale” in quanto non si configura come mero soccorso o assistenza pro-tempore, ma pone le basi affinché la persona-piccolo-abbandonato abbia un futuro più giusto. In pratica, l’amorevolezza e la tenerezza di Dio si pongono come punti di partenza e di arrivo dell’agire di sant’Annibale. Si passerà, di seguito, ad analizzare le idee sull’educazione che si pongono alla base del suo progetto preventivo e redentivo.

L’educazione come espressione spirituale

L’assunto di partenza difranciano è la “civile” educazione che è, principalmente, educazione alla fede, in quanto il primato della vita spirituale è la precondizione per il riacquisto di una integrale dignità umana. Tutte le sue attività, rivolte a piccoli e ad adulti, sono all’insegna di un sereno clima ispirato all’Ora et labora.

Educazione a fondamento dell’etica della persona

La vera educazione rigenera, forma e dà valore morale all’agire e all’essere delle persone. È fuor di dubbio che, senza l’impostazione di un modello antropologico che innervi le istanze pedagogiche, non si possa ottenere alcuna etica.

Educazione come propedeutica al lavoro

Padre Annibale propendeva per un’educazione al lavoro sin dalla più tenera età e auspicava che ragazzi e ragazze, con la crescita, si ingegnassero per renderlo fruttifero. Intravedeva nel lavoro nelle case uno dei primi coefficienti della moralità che, a sua volta, si originava dall’ordine, la disciplina, il vivere insieme. Nella chiara prospettiva che non vi può essere educazione, né religiosa né civile, dissociata dal lavoro. Si tratta di criteri degni dei più rinomati manuali di pedagogia e sociologia del lavoro. Gli assistiti negli istituti e nelle case di formazione non hanno tempo per oziare: il lavoro è associato alla preghiera e l’educazione e la formazione scolastica si alternano alle attività manuali e pratiche.

L’educazione estetica

Educare al bello nella prassi di Annibale Di Francia significa potenziare il fattore umanesimo nella coscienza dei ragazzi. Da qui la necessità di organizzare bande musicali, cori, spettacoli teatrali e laboratori di ricamo artistico.

Educazione all’autosostentamento

La provvidenza ha sempre accompagnato l’azione caritativo-assistenziale di sant’Annibale, ma la compartecipazione dei ragazzi ai guadagni e la scrupolosa attenzione alla giustizia distributiva è stato sempre un punto fermo in ogni laboratorio. Si tentava, in questo modo, di evitare il ricorso all’elemosina parassitaria, alla carità passiva, avviando un processo di contribuzione efficace e coerente alla formazione della personalità e allo sviluppo della dignità dell’uomo o della donna, consapevoli e responsabili.

Educazione come liberazione

La realtà italiana, soprattutto meridionale, tra fine ‘800 e inizi ‘900 era, però, talmente condizionata dalla grande e generalizzata miseria che, percorrere la strada sopra citata, avrebbe significato favorire solo le classi abbienti che potevano pagarsi gli studi. Il contatto con il quartiere più povero di Messina lo porta a una importante determinazione: dare la priorità alle emergenze. Padre Annibale è pienamente consapevole che l’educazione sia un gioco di squadra in cui gli uomini si educano tra loro, con la mediazione del mondo, in comunione. L’educazione lega la persona al mondo, si afferma e si fonda nella realtà che cambia continuamente e s’innesta nella vera vocazione ontologica dell’uomo a vivere nella piena libertà. La creatività richiesta nei laboratori artigiani, non solo educa alla libertà, ma tenta di superare la contraddizione educatore-educando aprendola a un esercizio continuo di dialogicità.

Educazione come democrazia

Il progetto difranciano, come quello di tutti i grandi istitutori, pedagoghi e santi fondatori di congregazioni dedite al sociale, certamente non si inserisce in ambienti di antica democrazia: si è, infatti, nei vari regni d’Europa in cui le vere democrazie non sono che un’illusione nella mente di grandi utopisti. Pur tuttavia, sottrarre un buon numero di persone a un endemico stato di miseria attraverso l’istruzione, significava restituire dignità sociale, e quindi anche potere politico e democratico, a vaste fasce di popolazione. L’educazione impartita ai meno abbienti era, quindi, ostacolata e  non vista di buon grado dai grandi latifondisti, dai capitalisti già imperanti, dalle forze conservatrici e dalle frange massoniche del tempo. Il riscatto degli indigenti ha visto, però, in questi apostoli della carità, i primi veri rivoluzionari che, senza violenza o rovesciamenti politici, hanno operato una silenziosa ed efficace svolta nella vita delle masse derelitte.

Educazione per la rifondazione di un modello antropologico

Nella concezione del Di Francia l’adolescente povero o in disagio è quella creatura in cui il rispetto, il servizio, l’amore per lei devono essere portati al massimo, in quanto è oggetto dell’amore sommo di Dio. La dimensione creaturale e filiale tra uomo e Dio, come appare evidente, entra prepotentemente nella relazione primaria tra chi è recettore del gesto educativo e chi è l’educatore. Questo valore della persona umana, legato al fatto che essa è stata amata da Dio fin dall’eternità, è fondamento per la nuova antropologia posta in essere da sant’Annibale e si caratterizza per quel particolare vincolo di paternità che si pone alla base del rapporto con i ragazzi e le ragazze a lui affidati.

G. Lo Russo, L’officina e l’altare, Telemaco, Acerenza, 2019